CORONAVIRUS

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Vita da Mamma

È una delle poche volte nella mia vita in cui mi sento spaesata. Ancor più di quando ho dovuto scegliere cosa fare dopo la quarta liceo, quella decisione (a quell'età), sembrava poter dettare qualsiasi linea del mio futuro. Sembrava che da quella scelta specifica ne sarebbe stato di tutta la mia vita. Un po' come quando decidi di sposarti o di avere un figlio. Quelle scelte che sai, in qualche modo, ti catapulteranno in un'altra dimensione.

Stavolta però è diverso, perché a gestire la cosa non ci sei tu, non in prima linea almeno. Ti affidi a numeri, esperti, professori, governi e medici. Tanti medici. Io ero una di quelli che fino a qualche mese fa vedeva questo virus come una banale influenza, come la classica esagerazione mediatica già vista e rivista in passato, dimenticata in un attimo. Ci ho messo poco a ricredermi, seppur mai e poi mai avrei creduto di poter vedere nazioni piegate davanti alla sua potenza.

Ancora oggi, a volte, malgrado le notizie che si sentono, mi vien da dire che non può essere. Sicuramente stanno esagerando. Dai! Non può succedere davvero. Non può essere che il mondo intero si stia sfaldando in questo modo.


Eppure.

Eccoci qui, con le scuole chiuse, le aziende in ginocchio, le frontiere incasinate.

Eccoci qui, con le immagini di un'Italia in quarantena, vuota. Oggi fissavo le webcam posizionate su Piazza Navona, il Duomo di Milano, le spiagge liguri: il vuoto.

Eccoci, beffati da questo sole luminoso che ti fa sentire l'aria di primavera e il cervello che ti deve ricordare continuamente di fare attenzione, che fuori c'é un mostro invisibile che sta rendendo vulnerabili città, nazioni e addirittura continenti.


Ma il peggio forse è scoprire quanto sia difficile vivere senza il contatto umano, senza la stretta, l'abbraccio, la vicinanza di parenti amici. Come sia difficile stare senza un nipote per una nonna. Come sia difficile affrontare una situazione dura da soli, senza il benché minimo contatto. Già, perché la beffa di questo virus è che non ti permette nemmeno di star vicino a chi sta male, non ti permette di compatire, nel suo significato etimologico più puro: "soffrire assieme". Perché qui bisogna imparare a soffrire da soli. Senza abbracci né carezze.

E sapete qual è la cosa più bella? Che noi non siamo abituati. Ed è bello, perché significa che malgrado tutto, malgrado la tecnologia, malgrado questo nuovo millennio, l'essere umano ha bisogno del contatto, della prossimità, della vicinanza. Abbiamo bisogno di altri esseri umani e quando siamo in difficoltà ci uniamo ancora di più. 

Lo dimostra questo periodo, dove malgrado tutto si vede tanta umanità, tanto aiuto sociale, tanta vicinanza, seppur virtuale. Stiamo tutti combattendo la stessa "guerra", un po' come quando durante i mondiali si tifa tutti per la stessa squadra e si esulta felici ad ogni gol.

In mezzo a tutta la difficoltà, il punto positivo è che (almeno per come la vedo io) possiamo riscoprire quali sono i veri valori. Dare un'importanza tutta diversa a quella che è la vita di tutti i giorni. Certi che da questa battaglia ne usciremo sicuramente più forti e arricchiti, seppur affaticati e stremati.


Grazie quindi a chi ogni giorno si fa in 4 per aiutare il prossimo fisicamente, ma grazie anche a chi cerca di giocare in difesa facendo in modo che la squadra avversaria non riesca più a mettere nemmeno una palla in gol. Perché diciamocelo, uniti siamo la squadra più forte mai vista!

HAPPY BIRTHDAY!

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E siamo a 2.Com'é possibile che il temp...

CIAMBELLONE al LIMONE

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