Non sono l'unica (evidentemente) in questo momento ad essere incinta. Come me molte di voi custodiscono nelle loro pance uno dei beni più preziosi che la vita ci dona: un figlio. Nella mai concezione di mamma c'é sempre stata questa idea per cui, finché un figlio è dentro va tutto bene. Come se il fatto di poterlo "gestire io" mi rendesse più tranquilla nel poterlo proteggere al meglio.
Così è stato per le mie precedenti gravidanze e ancor di più lo è in questa. Per cui, personalmente, non ho paura per la mia salute in questo momento. Anzi, forse credo che la gravidanza ci renda più forti, seppur temo sia una mia grandissima invenzione ;-)
Ad ogni modo, ci basta stare a casa rintanante e tutto dovrebbe andare bene.
Però.
Già, perché c'é sempre un però.
Mancano poche settimane al parto e qualche domanda uno se la fa. E poco importa se sia la prima o la terza gravidanza, perché in entrambi i casi hai un handicap non da ridere. Nel primo caso è che non sai cosa aspettarti e quindi sei spaventata (ma tranquilla, lo saresti anche senza coronavirus ;-), nel secondo perché sai esattamente cosa aspettarti e sai che probabilmente sarà molto diverso da come te lo ricordi.
Il momento del parto, lungo, veloce, bello, brutto che possa essere è caratterizzato (perdonate se generalizzo) da una grandissima umanità. Ricordo ancora quando ero incinta di Leo il terrore di dover partorire senza la mia ginecologa. Come potevo fidarmi di qualcuno che non avevo mai visto? Eppure, nell'istante in cui sono arrivata davanti alle sale parto e sono stata accolta da una levatrice mi sono sentita in ottime mani. Loro che con occhi caldi e buoni, sorrisi dolci, parole di conforto ti fanno sentire super. A tuo agio. Capace. Loro che se hai bisogno ti danno una mano, ti aiutano, ti spiegano, ti fanno sorridere. Ricordo che mi ero dimenticata completamente che non le conoscevo, in quel momento erano le mie migliori amiche. Anzi, vi dirò di più. Ho sempre deriso mia mamma quando, quasi emozionata, da bambina mi diceva "guarda! Quella è la signora Borradori. È lei che ti ha fatto nascere!". Oggi se dovessi incontrare Alice o Nathalie che hanno fatto nascere Leo e Luce rispettivamente farei esattamente la stessa cosa. Anzi, vi dirò di più del di più. Solo il fatto di nominarle in questo momento, sicuramente ormonale, mi fa salire la lacrima.
Già, perché la loro umanità e il loro aiuto sono stati fondamentali per me nel vivere il momento del parto serenamente. Con tutte le sue sfaccettature, perché se con Luce è stata una passeggiata con Leo molto meno, credetemi.
Ad ogni modo, come sarà adesso? Indosseranno tutti una mascherina e dei guanti? Lui potrà entrare in sala parto? Con chi staranno Leo e Luce a casa? Dovrò partorire da sola? Quando conosceranno i nonni il loro terzo nipotino (o nipotina)? E gli zii? E tutti? Ma soprattutto, come farò a stare senza i miei figli? Senza presentargli il loro (o la loro) fratellino (sorellina)?
Queste sono alcune delle domande che ogni tanto mi pongo, quando la mia testa cerca di guardare oltre al quotidiano. A volte mi sale un po' l'ansia, quella sensazione di caldo/freddo nello stomaco, mi iniziano a bruciare un po' gli occhi e mi dico NO.
Non ha senso.
Non ha senso preoccuparsi oggi. Perché comunque siamo donne, siamo mamme (o future mamme). E dentro di noi abbiamo una forza che nemmeno sappiamo di avere. Se se dovremo partorire da sole, se dovremo farci coraggio, se dovremo arrangiarci, sono certa che riusciremo a farlo. E sarà un'esperienza anche questa, positiva.
Perché per come la vedo io, l'unica soluzione (per me) per superare questo periodo è vivere giorno dopo giorno. Non penso nemmeno a cosa farò domani, domani non esiste al momento, esiste solo oggi. Mi sveglio e a dipendenza di che tempo fa, di come gira la luna a tutti, si farà qualcosa (diverso è per la spesa, che bramo con impazienza, ma questo è un altro discorso ha ha ha). Quindi non penso alle contrazioni, al parto, al dopo parto. A volte non penso nemmeno più di essere incinta, poi però, sento un calcetto (oserei dire anche calcione...) e sorrido, perché so di non essere sola.
Perché tu, figlio mio, non sai cosa sta succedendo qui fuori, ma una cosa te la dico.
Andrà tutto bene.
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